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Dott. Massimo ZEDDA

Dott. Massimo ZEDDA

Psicologo, Psicoterapeuta e Sessuologo

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Tag: Fumo

Trauma dello sviluppo e addiction.

La problematica dei comportamenti additivi è ormai considerata una questione sociale; le dipendenze vengono classificate all’interno di due macroaree esplicative: le dipendenze da uso ed abuso di sostanza e le dipendenze comportamentali (di cui solo la dipendenza da gioco d’azzardo è riconosciuta nel DSM-5).

Ai professionisti della salute inseriti nei servizi delle dipendenze (Serd), e a coloro che in altri contesti e regimi si occupano delle tossicodipendenze, nell’indagine anamnestica vengono raccolte narrazioni di abusi o trascuratezza causati dal caregiver. Alcuni ricercatori propongono la connessione emergente tra le dipendenze patologiche gli eventi di vita stressanti vissuti dai pazienti durante il loro sviluppo (Trauma dello Sviluppo).

Il fenomeno della dipendenza da sostanza e comportamentale viene presentato attraverso le statistiche che rendono meglio visibile la gravità del disturbo; i dati ricavati da ricerche globali evidenziano per esempio come l’abuso di sostanze nella popolazione adulta sia del 4.9% per l’alcol, il 22.5% per il fumo, il 3.5% per la cannabis e lo 0.3% rispetto le droghe iniettive.
A tal riguardo, il WHO (World Health Organisation) stima che ci siano 185 milioni di utilizzatori di sostanze psicoattive illecite (2015).

Sviluppo

Il Trauma dello Sviluppo, insieme di eventi di forte stress generatori di cambiamenti permanenti a livello della struttura cerebrale, può condurre alla vulnerabilità soggettiva verso le dipendenze. L’esperienza traumatica vissuta dal soggetto, e strutturata emotivamente nella forma incorporata, è quindi uno dei molteplici e possibili elementi che possono contribuire alle manifestazioni additive.
La comunità scientifica è a conoscenza che il Trauma dello Sviluppo “ha un impatto che aumenta il rischio di, ma non ha il ruolo primario nella genesi della patologia.” (Sassaroli et al., 2017).

La definizione di trauma potrebbe essere fonte di confusione, gli autori cercano fare chiarezza, a loro avviso “pare invece che il paradigma psicotraumatologico concepisca il disturbo non come una disfunzione ma come un deficit. Non si tratta di una funzione male utilizzata ma una struttura danneggiata. Lunghe crepe attraversano le pareti e le volte della costruzione e spaccano subdolamente i muri e i tetti della mente, mentre non ci sono interruttori della luce lasciati accesi che dovrebbero essere spenti o usci lasciati aperti e che andrebbero chiusi. Non è quindi un paradigma funzionalista ma strutturalista: non ci sono funzioni male utilizzate, ma strutture quasi distrutte (appunto). E ci pare sia un paradigma fortemente evolutivo. La struttura è crepata perché a suo tempo non fu costruita bene durante la fase di sviluppo. Quindi ci sono pezzi interi che mancano e che vanno ricostruiti.” (State of Mind).

Il bambino subisce il Trauma dello Sviluppo quando ripetutamente viene sottoposto a maltrattamenti, quali al esempio abusi fisici, abusi sessuali, abusi emotivi e trascuratezza. Ma anche traumi ripetuti slegati ai maltrattamenti ed inseriti nella sfera della trascuratezza possono generare Trauma dello sviluppo. Entrambe le tipologie posseggono la capacità di contribuire alla formazione della personalità dell’individuo, determinando delle memorie implicite e partecipando alla costruzione dell’immagine di sé; nell’età adulta, il bambino ormai cresciuto riporta alti livelli di impulsività, di ostilità e ideazione suicidaria maggiori rispetto soggetti adulti il cui sviluppo infantile si allinea con l’assenza di maltrattamenti.

Prevenzione

Investire sull’autoefficacia del soggetto è un fattore protettivo nella prevenzione di dipendenze patologiche, investimento che nell’accezione psicoterapeutica coglie essere ascoltati e compresi come persone uniche, irripetibili e amabili.

Di rilevo appare come livelli di stress sintomatici auto-riportati elevati siano stati riscontrati in individui con comportamenti dipendenti, elemento vissuto in modo disagevole (bassa tolleranza allo stress) ma che, in generale e nelle giuste dosi, può essere anche un elemento di crescita e stimolo. Le risposte allo stress hanno un valore evolutivo riconosciuto ed essenziale per la sopravvivenza, sono mediate dall’asse Ipotalamo – Ipofisi – Surrene (HPA) tramite la regolazione e il rilascio di ormoni specifici. L’attivazione prolungata nel periodo stressogeno, osservabile attraverso alti livelli plasmatici di cortisolo, invece si correla con l’aumento del rischio di insorgenza di psicopatologia, tra cui la dipendenza da sostanze.

Una ricerca effettuata su 181 soggetti femminili prese in carico in comunità terapeutiche per le tossicodipendenze (assunzione endovenosa) mostra che il 60,2% ha subito abusi sessuali, il 55,2% sono stati vittime di abusi fisici, il 45,9% ha subito violenze a livello emotivo, la trascuratezza emotiva era riportata dall’83,4% mentre quella fisica 59,7%. La ricerca e i dati riportati dimostrano l’importanza della cura infantile come elemento di prevenzione di psicopatologie in generale, nello specifico della dipendenza patologica e non patologica.

Per concludere, gli autori sostengono la necessità di rivedere l’approccio di cura orientandolo verso interventi multidimensionali finalizzati al recupero dei soggetti all’interno del circuito clinico.

Questo articolo è stato pensato e sviluppato insieme alla Dott.ssa Maria Angela Cannarozzo, (lavora da diversi anni nell’ambito della prevenzione e della clinica delle patologie delle dipendenze).
Psicologa, Psicoterapeuta, Grafologo giudiziario.
Lavora in ambito forense e della clinica con formazione psicocorporea.
Psicoterapeuta in ambito clinico, esercita la propria professione dal 2000 possiede esperienza di pluriennale nell’ambito delle dipendenze patologiche, dell’ambito forense e della clinica.
Via Giarratana 5 – Enna
Phone: 340.4642911  –  e-mail: maryvitality1@virgilio.it

Bibliografia

Enoch, M. A. (2011). The role of early life stress as a predictor for alcohol and drug dependence. Psychopharmacology, 214(1), 17-31.

Goldman, D., Oroszi, G., & Ducci, F. (2005). The genetics of addictions: uncovering the genes. Nature Reviews Genetics, 6(7), 521.

Gowing, L. R., Ali, R. L., Allsop, S., Marsden, J., Turf, E. E., West, R., & Witton, J. (2015). Global statistics on addictive behaviours: 2014 status report. Addiction, 110(6), 904-919.

Moustafa, A. A., Parkes, D., Fitzgerald, L., Underhill, D., Garami, J., Levy-Gigi, E., … & Misiak, B. (2018). The relationship between childhood trauma, early-life stress, and alcohol and drug use, abuse, and addiction: An integrative review. Current Psychology, 1-6.

Sandra Sassaroli, Gabriele Caselli, Giovanni Maria Ruggiero, (2017).

Sitografia

“Il paradigma psicotraumatologico, in risposta a Benedetto Farina” http://www.stateofmind.it/2017/07/paradigma-psicotraumatologico/

 

Autore Massimo ZeddaPubblicato il 31 Dicembre 20182 Gennaio 2019Categorie Addiction, Dipendenza affettiva, Dipendenze, Psicologia, Psicoterapia, UncategorizedTag Addiction, Alcol, Cannabis, Cura, Dipendenza affettiva, Dipendenze, Droga, Fumo, Gioco d'azzardo, Psicologo, Psicoterapeuta, Psicoterapia, Stress

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